Deus Irae – Philip K. Dick, Roger Zelazny

Deus Irae

L’androide Abramo Lincoln – Philip K. Dick

L'androide Abramo Lincoln

E Jones creò il mondo – Philip K. Dick

E jones creo il mondo

Nostri amici da Frolix 8 – Philip K. Dick

Nostri amici da Frolix 8

Illusione di potere – Philip K. Dick

Illusione di potere

Il paradiso maoista – Philip K. Dick

Il paradiso maoista

Voci dalla strada – Philip K. Dick

Voci dalla strada

Svegliatevi, dormienti – Philip K. Dick

Svegliatevi dormienti

Redenzione Immorale – Philip K. Dick

Redenzione ImmoraleFerie, mare, Dick, una tradizione, un rito, un piacere. Dopo infinite riletture si passa a inediti o opere minori, certo e’ che "Redenzione immorale" e’ per me  una novita’. Pubblicato nel 1956, siamo almeno ad un lustro di distanza dal Dick piu’ interessante ma non di meno le tematiche che lo contraddistinguono sono gia’ tutte qui.
Guerra e terre radioattive, societa’ allo sbando ed un futuro non troppo roseo per non dire distopico, ecco gli ingredienti. Stato di polizia dove il miglior autocontrollo e’ nei cittadini, come a dire la paranoia maccartiana incontra la viscida spietatezza socialista. E’ un mondo puritano quello in cui si muove Allen Purcell, un uomo del sistema dentro al sistema che per ragioni anche a lui ignote, inizia a ribellarsi con piccoli gesti persino ridicoli come la profanazione della statua del padre costituente e ad un certo punto sara’ costretto suo malgrado a combattere per la sua stessa vita.
Romanzo non inedito ma nella lista dei dimenticati dell’autore statunitense scomparso. Opera indubbiamente immatura, poco definita, a tratti abbozzata, percorsa da un’eccessiva celerita’ negli anni in cui Dick scriveva per sopravvivere percio’ comprendiamo. Sorprende comunque come sin da queste prime opere, egli sia sempre riconoscibile alla luce della produzione dei successivi venti e passa anni e certo sapendolo, lo si apprezza di piu’, una conoscenza senza la quale, si ridurrebbero queste pagine in ben poca cosa. Immaturo ma non scoordinato, non troppo almeno e comunque migliore di altre cose anche piu’ quotate ma immagino si vada a gusti.
Da un lato si puo’ ben capire perche’ non rientri nel novero delle sue grandi opere, dall’altro resta una lettura sempre gustosa per chi ama il suo autore.
Ah dimenticavo, una volta tanto una prefazione ad un libro di Dick che non faccia danni.

Vulcano 3 – Philip K. Dick

Vulcano 3Ogni anno mi piace ripeterlo: per me estate fa rima con Philip K. Dick. Da molto tempo ormai, l’appuntamento al mare col grande scrittore di fantascienza scomparso, e’ divenuta tradizione, una certezza che inseguo e coltivo con molto piacere.
Ne approfitto per leggere e rileggere, forte anche della sterminata lista di romanzi che Dick ci ha lasciato malgrado la prematura scomparsa. Quest’anno ho recuperato "Vulcano 3", romanzo del 1960 mutuato da un racconto breve di qualche anno prima. Siamo nel 2030, dopo l’immancabile guerra atomica, il mondo e’ compatto e unito, governato da un’unica entita’ politica, sottomessa per scelta a Vulcano 3, un gigantesco computer senziente che comanda e dirige. Non mancano ovviamente i ribelli, una setta chiamata i "Guaritori" e sara’ a causa loro che uno dei dirigenti verra’ ucciso e un suo collega cerchera’ di capire cosa gli e’ accaduto e soprattutto cosa sta accadendo in cima alla piramide di comando.
Alla fine sara’ guerra ma le fazioni in campo non saranno quelle che ci aspettiamo.
Libro come detto del 1960, periodo spartiacque per Dick che sta focalizzando le tematiche che maggiormente andranno a definire il suo stile. C’e’ il potere incontrollato, nascosto eppure dominante, subdolo e strisciante verso il quale non resta che lo scontro frontale o la totale sottomissione. C’e’ pero’ l’eletto, il ribelle, quello che comprende la situazione, che vede dove altri non vedono e capisce cose che altri non capiscono. Ci sono le macchine tanto lontane dall’uomo, machina ex deus verrebbe da parafrasare, potere del potere, spesso il potere che sovrasta il potere. Poi le guerre atomiche, le terre radioattive, il tutto condito con la grande salsa della paranoia.
C’e’ tutto questo ma e’ appena abbozzato, un crescendo ancora da stabilizzarsi e definirsi, percio’ alla fine si resta indifferenti ad una storia non brutta ma sottotono. A questo proposito faccio notare l’incredibile introduzione di Carlo Pagetti che gia’ dalle prime righe non fa altro che ribadire quanto sia brutto il romanzo, per poi salvarlo sul finale e comunque anticipa trama, annessi e connessi. Non e’ la prima volta che Fanucci usa pessime introduzioni ma questa e’ talmente grottesca che vince. Certo e’ che resta un libro da leggersi per il solo bisogno filologico pur restando marcato Dick percio’ sempre degno di attenzione