Tempo di uccidere – Ennio Flaiano

Tempo di uccidereChe personaggio deve essere stato Flaiano.
Ricordato per aforismi fulminanti che meglio di interi trattati descrivono persone, personaggi, fatti e abitudini di un modo di vivere molto italiano, egli fu proprio un campione di italianita’, tra i migliori nel fare cultura trasversale alle arti.
Campione appunto dai risultati eclatanti nella pletora di sceneggiature cinematografiche e negli infiniti articoli e saggi da lui prodotti nel corso degli anni.
Un uomo che ha costruito la sua eternita’ con le parole eppure capace di scrivere un solo romanzo in tutta la sua carriera, questo "Tempo di uccidere" premiato con uno Strega e fortissimamente voluto dal vecchio e saggio Longanesi.
Anomalo il libro ma anomalo anche lo stile, contenuto nel quale e’ quasi impossibile riconoscere il Flaiano scrittore sagace col gusto sopraffino dell’iperbole.
Non che gli sia mancata in altre occasioni quell’amarezza che solo chi ha ben compreso il funzionamento del mondo possiede ma se eccettuiamo battute sciabolate qua e la’ tra le pagine, il romanzo rimane violento, arrabbiato, pieno di nevrosi e paure. Con qualche atto d’accusa.
Ambientato in una Etiopia gia’ conquistata dall’Italia colonialista, l’autore si crea gioco facile nelle situazioni avendoci combattuto in prima persona e la terra arsa e selvaggia e’ qualcosa di piu’ di un semplice palcoscenico.
Troppo intelligente Flaiano per aver bisogno di astruserie che qualcuno interpretera’ a modo proprio per quanto sia un romanzo che si apre a molti fronti di discussione.
Trovo interessante chiedersi fino a che punto una persona sottratta all’ambiente natio, possa perdere la propria identita’ culturale e morale, quale trasformazione entra in atto e se il rigenerato sia forzata mutazione o vera natura di un’anima non piu’ piegata alle dottrine sociali con le quali e’ cresciuto.
Chissa’ poi che il territorio, il corpo vivo del pianeta non abbia ruolo piu’ importante dell’essere arbitro in una disputa nella quale i vinti si confondono troppo facilmente coi vincitori.
Innegabilmente un libro affascinante, straniante se attribuito a Flaiano ma proprio per questo innegabile segno di un inventore di storie per il quale la lingua e’ alleato, mai nemico.
Solo nelle ultime pagine col diario del Flaiano in terra straniera, lo ritroviamo con addosso i panni che meglio lo valorizzano e per quanto l’abito non faccia il monaco, con queste vesti non si fa pregare da nessuno.
"L’etiopico riconosce la forza costituita, il vincitore.
Qualcosa come il nostro napoletano (ma piu’ moderato nelle canzoni)
"

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