Gualtiero Jacopetti. Graffi sul mondo – Stefano Loparco

Gualtiero Jacopetti. Graffi sul mondoComprai io libro a pochi giorni dalla sua uscita ma colpevolmente lo leggo solo oggi perche’ l’idea era di ripercorrere parallelamente alla lettura tutta la filmografia di Jacopetti e non ho avuto occasione di farlo prima.
A molti il nome non giungera’ nuovo, lasciandolo forse in una nuvola di conosco-non-conosco ed e’ una strana situazione quando si parla di un regista che ha segnato indelebilmente un’epoca inventando di fatto un genere cinematografico che annovera centinaia di pellicole prodotte in tutto il mondo e che ancora oggi trova epigoni non solo nel cinema ma nella cronaca e nella televisione. Jacopetti e’ il creatore consapevole e determinato della serie "mondo" da cui i mondo movie, ovvero quei film che a cavallo tra cronaca e la ricostruzione scenica, portavano sul grande schermo luoghi lontani e fatti curiosi, spesso drammatici, conditi da esotismo ed erotismo.
Jacopetti, giornalista, direttore, responsabile per molti anni dei cinegiornali quando il cinema era luogo di aggregazione e informazione e gia’ allora il suo stile ironico e anarchico si sentiva e gli procurava non pochi grattacapi. Personaggio dietro e innanzi le quinte, protagonista delle serate romane, playboy per aspetto e carattere, sue furono le conquiste femminili piu’ ambite dell’epoca al punto che in molti riconoscono nel Marcello de "La Dolce Vita" felliniana Jacopetti l’ispiratore e del resto tra i due registi esisteva una antica conoscenza e amicizia.
Tra scandali che fecero epoca, lutti eccellenti e mondanita’, Jacopetti collaboro’ con Blasetti nel celebre ed osannato "Europa di notte", il vero apripista al suo primo "Mondo cane" del 1962. Da quel momento nacque in genere che Jacopetti porto’ avanti per altri cinque film piu’ un sesto in realta’ pura finzione trattando della trasposizione molto elaborata del "Candido" di Voltaire. Affrontero’ i film uno ad uno percio’ non mi dilungo troppo. Quello che importa sapere e’ l’impatto che il suo lavoro ebbe sull’opinione pubblica e nell’informazione.
Jacopetti era come detto uomo invidiato e da invidiare, gia’ questo una grave copla innanzi certa stampa piccina e rancorosa. Che poi fosse un liberale di stampo einaudiano, meglio dire manuziano e ancor peggio fervente anticomunista, lo condannava a critiche violente a prescindere dal merito di ogni suo lavoro. Con lui l’aggettivo "Fascista" si e’ sprecato per quanto si sappia, negli anni in cui i Fo e i Bocca militavano a Salo’, Jacopetti lavorava gia’ con l’esercito statunitense. Molto piu’ anarchico che di destra, combatteva un sistema gia’ molle e lassista come quello democristiano dall’alto, percio’ non aveva amici su un fronte e neppure sull’altro. Fu accusato di tutto, anche di violenza su minore, negli anni in cui a 21 anni non si era ancora adulti e il dito puntato contro di lui e’ lo stesso che s’abbassato su stupratori di tredicenni come Polanski o pedofili alla Woody Allen che confondono l’adozione con l’allevamento sessuale. Potere delle amicizie, non stiamo dicendo nulla di nuovo.
Quando poi produsse "Africa addio" nel quale altro non si faceva che mettere in guardia sull’anarchia post-colonialista, l’odio irreggimentato fu implacabile, cieca  e feroce, totalmente ideologico laddove Jacopetti, non senza un intervento etico, continuava a farsi prima cronista dei fatti, poi regista perche’ non dimentichiamo, tecnicamente nessuno ebbe e pote’ mai ridire sulla precisione del montaggio e del girato mai banale, una continua ricerca sull’immagine piu’ incisiva e sorprendente.
Etica ed estetica, cosi’ si potrebbe riassumere la vita di Jacopetti per quanto difficilmente riassumibile. Loparco .sceglie la strada giusta, innanzitutto contestualizzando epoca e fatti e nel racconto non cronologico, inframmezza testimonianze, biografia, documenti e analisi.  La sua indagine e’ serissima e precisa, il suo stile ricercato ma mai noioso e ben si presta a raccontare una storia piu’ vicina alla fantasia che alla cronaca.
Ecco, il punto di forza e’ che il libro si legge come un romanzo d’avventura pur essendo storia e analisi di un importante pezzo di cinema. merito di Loparco che certo dal soggetto ha ricevuto molto piu’ che una generica suggestione. Purtroppo il libro manca di completezza limitandosi al Jacopetti regista sino alla meta’ degli anni ’70, anzi concentrandosi in gran parte sui primi quattro film. In parte si legge una scelta precisa da parte dello scrittore, dall’altro il quadro resta incompleto sul Jacopetti uomo e si sarebbe voluto saperne ancora di piu’.
Ciononostante e’  un gran bel libro, consigliato a chi ama le biografie ma soprattutto il cinema, 
Non si puo’ e non si deve perdere.