Cane randagio – Akira Kurosawa
7 marzo 2017 Lascia un commento
Poteva mancarmi un film fondamentale nella filmografia di Kurosawa? Evidentemente si se lo recupero solo ora. A mia discolpa posso dire che il meglio il regista lo dara’ solo un decennio dopo ma insomma, un Kurosawa del ’49 vale sempre il costo del biglietto. Specie con Mifune.
Mifune appunto e’ un giovane poliziotto al quale rubano la pistola, un vero problema e un disonore, i giapponesi ormai li conosciamo bene.
Inizia cosi’ la ricerca dell’arma, ricerca disperata, violenta persino, ancora piu’ drammatica nella calura asfissiante dell’estate di Tokyo, un viaggio nelle viscere della citta’, della gente ancora segnata dalla guerra, da una rinascita che da sconfitti non e’ indolore. Naturalmente e’ un viaggio anche nei bassifondi dove regna la delinquenza e il degrado, una sorta di girone infernale che l’ispettore Mifune dovra’ attraversare.
Film che da un lato sorprende, dall’altro delude. Kurosawa per volere, forse necessita’ e’ estremamente occidentale, nel taglio noir che dagli USA alla Francia non avrebbe sfigurato e comunque la provenienza e’ quella. Naturalmente Kurosawa non tradisce la propria natura, non potrebbe neppure volendo ma il soggetto stesso, l’occidentalizzare quanto piu’ possibile i personaggi dall’abbigliamento alle abitudini di lavoro e di vita, e’ citazione e nel contempo confezione di un prodotto pronto ad essere esportato. Non e’ certo un caso se Kurosawa e’ il regista giapponese piu’ amato alle nostre latitudini, fama che evidentemente si e’ guadagnato sin dal principio di carriera. Poi resta un maestra della luce, i suoi neri inghiottono, la sua luce abbaglia e di questo non c’e’ che da prenderne atto
Ammetto la mia passione per Mifune, uno dei piu’ fenomenali attori di tutti i tempi, qui alla sua terza prova di uno sposalizio che col regista durera’ ancora a lungo . Neanche trentenne a quel tempo ma gia’ dotato di una fisicita’ straordinaria che unita all’intensita’ dei suoi sguardi, fa di lui un libro aperto nel quale lo spettatore puo’ leggere emozioni e pensieri, vivere lo stesso dramma con altrettanta forza e sentimento. Un gigante davvero.
Un film modernissimo, ancora attuale, per altri registi avremmo detto un capolavoro, per Kurosawa un’ottima prova, non la migliore, una delle tante.