La rimozione – Leonardo Sciascia (completo)

Rincasò, come ogni sera, alle otto in punto; dopo la solita partita a perdivinci in cui, per aver vinto, aveva perso duecento lire .
Gli era capitato come compagno, in una delle due coppie del giuoco, Nicola Spitale: un campione in tutti gli altri gluochi, e specialmente nel quaranta; ma nel perdivinci gli si potevano rimboccare le coperte e spegnergli la luce, ché quel giuoco, diceva, gli metteva invincibile sonno: l’occhio gli si illanguidiva, colava sulle carte uno sguardo vacuo e lontano .
‘Ci sono dei giuochi che non mi piacciono, che mi annoiano; e se mi invitano ad entrarci io dico di no. Lui invece a perdivinci casca di sonno, giuoca come una bestia: e mai una volta che rifiuti di entrare nella partita’ Così con tutta la bile stillata nelle due ore del giuoco, pensava Michele Tricò del suo amico Nicola; e tanto era assorto a rimuginare la partita che non notò subito il buio e il silenzio che c’erano nella casa; e andava accendendo tutte le luci, e solo all’ultima, in cucina, si accorse che la moglie non c’era .
Chiamò “Filomena” e dalla camera da letto venne un piccolo tonfo, un fruscio .
Entrò, ancora sentì un fruscio da sotto il letto. ‘E che si è cacciata sotto il letto?’ si domandò.
Sollevò un lembo della coperta: c’era il gatto gnaulò da orfano, da morto di fame .
‘E dove se n’è andata?… A quest’ora, poi… Forse l’hanno chiamata da sua madre.’
Vide la suocera sul letto di morte. Era tempo. Una vecchia ferrigna, ottantacinque e passa, e cattiva, velenosa di lingua, piena di puntigli e capricci .
‘Ci vado’, decise. Girò a spegnere tutte le luci, scese le scale, chiuse a doppia mandata la porta. ‘Certo ci sarà da fare la nottata, mi ci voleva proprio una veglia col raffreddore che ho addosso.’ Si avviò verso la casa della suocera, all’altro capo del paese .

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