Che ora e’ laggiu’ – Tsai Ming-liang

Che ora e' laggiu'Il ragazzo vende orologi per strada mentre a casa si consuma la tragedia.
Il padre muore e il lutto e’ lungo da elaborarsi, specie per la madre che si rifugia nella religione per lenire il dolore.
La vita pero’ continua e l’unica scossa alla sua vita la da’ l’incontro con una strana tipa che vuole comprare a tutti i costi il suo orologio. Lei e’ in partenza per Parigi, lui nemmeno sa dove si trova ma attraverso "I 400 colpi" di Truffaut a suo modo capira’ qualcosa in piu’ e nel frattempo regolera’ tutti gli orologi che incontrera’ lungo la sua strada col fuso orario francese
Che Tsai mi piaccia poco e niente e’ noto, che questo sia il suo film che preferisco lo dico ora. Lento, lentissimo, di quella lentezza inutile, senza contemplazione, senza allargarsi in ambiti piu’ ampi ma al contrario si contrae in un punto minuscolo e insignificante. Non mancano i lunghi e inutili piani sequenza, le fissita’ che raccontiamoci cio’ che si vuole ma servono a dilatare una storia che altrimenti vivrebbe in un quarto d’ora scarso.
Nel contempo pero’ e’ il suo film piu’ strutturato e una parvenza di storia pare persino esserci.
Ci si continua a muovere sul filo del paradosso venduto per poesia, ovviamente non mancano le inutili volgarita’ col quale infarcisce i suoi film e ripetiamo ancora una volta, cio’ che rende triviale un film non e’ l’uso del sesso o dei suoi derivati, bensi’ dell’inutilita’ di questo ai fini della storia e nel cinema inutile Tsai e’ un maestro.
Ovviamente la critica e’ contenta, letteralmente entusiasta appena si tira fuori "I 400 colpi", e solo un alto grado di disagio puo’ far istruire un suo personaggio sulla Francia con un film vecchio di 40 anni. Non manca ovviamente la madre di famiglia che si masturba e l’accenno al duo lesbo ma non per lui, e’ che al critico gli si era imbarzottito con Truffaut e non poteva lasciarlo a meta’.
Ripeto, il suo film migliore… pensa gli altri.

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Emil Otto Hoppe’, MAST. Bologna 21-03-2015

Emil Otto Hoppe'_1Con grande piacere torniamo al MAST, imponente ed elegante struttura sede della fondazione omonima che pone al centro degli studi la ricerca quando coinvolge innovazione, arte e tecnologia.
Programmaticamente le loro esposizioni restano nell’ambito della sfera industriale e la fotografia, tra tutte le arti, coniuga la tecnica con l’estetica di un sistema che dell’ordine e della struttura sa fare la propria cifra stilistica.
Questa volta al MAST. si racconta di Emil Otto Hoppe’, personaggio singolare dal destino ancora piu’ singolare. Tedesco naturalizzato inglese, terminati gli studi di economia si dedico’ alla fotografia con straordinari risultati al punto che attorno al 1920, era uno dei fotografi piu’ famosi non solo in patria ma nel mondo.
Davanti alle sue lenti sono passati principi e regine, artisti di fama internazionale, letterati e politici, esponenti del bel mondo e semplici volti che egli trovo’ caratteristici. Nel contempo si rese celebre con reportage dal mondo, tempi quelli in cui la fotografia era il solo modo per conoscere altri paesi e altri culture e se a tutto questo si aggiungeva l’occhio privilegiato dell’artista, si faceva la storia.
Qualcosa pero’ ando’ storto nella carriera di Hoppe’ perche’ negli anni ’50. ormai settantenne e in pensione, cedette l’intero suo archivio che fu catalogato per genere e non per autore, smarrendo l’uniformita’ tematica e finendo velocemente in un oblio immeritato. Solo di recente la sua opera e’ stato recuperata integralmente e il MAST offre in anteprima mondiale 200 scatti della realta’ industriale nei primi decenni del secolo scorso.
Lo stato di conservazione non sempre e’ eccellente ma cio’ non inficia il valore artistico degli scatti e comunque una parte considerevole e’ ristampata in digitale. In aggiunta alle fotografie, girano in rotazione proiezioni di alcune delle sue collezioni di ritratti, artisti del balletto russo, nudi, Africa, Australia e Inghilterra.
Infine non manca un breve documentario nel quale viene raccontato il quasi fortuito ritrovamento delle sue foto e il percorso di vita e carriera. 
Un ringraziamento doveroso al MAST. anche per il piccolo ma prezioso catalogo in omaggio e la grande attenzione che pone in queste iniziative.

Scheda evento

Excalibur – Rospo Pallenberg, John Boorman (script)

FADE IN:
EXT. FOREST – NIGHT
Darkness. The sound of battle cries and the clang of metal upon metal. The forest lights up with huge sparks flying from sword and ax as armored knights hack and swing at each other. Mounted knights collide head-on at full gallop, their armor made incandescent in the clash. Sparks eddy in their wakes and float to the ground. The forest catches fire.
MAIN TITLES on the flames. Out of the sounds of ancient battle grows music, heroic and barbaric, shot through with melancholy.
Two crazed eyes reflect the fire. The eyes belong to a man without age, at once ancient and boyish, female and male; his eyes are pained from the burden of too much knowledge. So close is he to the flames that a lock of his wild hair sizzles alight. He slaps at the fire as if it were an annoying insect. He wears a cloak of black trimmed with silver. It is Merlin. The wizard weaves a path through the burning forest, dodging the combatants, searching.
MERLIN Lord Uther! Lord Uther!
The forest around him weeps softly with the sounds that follow slaughter. Patches of undergrowth are smoldering. Small flames lick bark and branches.
Smoke floats through the trees and hovers over the bodies of the dying and the dead.
A huge knight reins up beside Merlin on a lathered horse. His armor is blood spattered. He is weary from battle. He looks down at Merlin, his countenance fierce. The blade of his sword glows with an unnatural aura.
MERLIN It’s done. A truce. We meet at the river.
UTHER (disgusted) Talk. Lovers murmuring to each other…
EXT. RIVER, FOREST – DAY
Waiting on one bank of a small river that flows through the forest is a warlord, the Duke of Cornwall. He is flanked by his armored warriors. Lot of Lowthean prominent among them. They are battle-weary and bloodied, but they look ready to fight. Behind them is an army of lesser knights.
To the opposite bank come Uther and Merlin, a much smaller force of knights, including Uryens, Lord of Gore, surrounding them.
DUKE OF CORNWALL I spit on your truce, Uther. If you want peace, throw down your swords.
Uther and the Duke of Cornwall glare at each other in silence across the river. Uther strains forward, burning with anger; but Merlin restrains him.
UTHER I should butcher all and every one of them. Merlin, what is this wagging of tongues?
MERLIN Just show the sword.
Uther unsheathes his mighty sword, and brandishes it in the air high over his head. The blade hums disquietingly and leaves a lingering electric hue upon the air. The marvel instills dread in all present.
MERLIN (waxing eloquent) Behold the sword of power, Excalibur. Before Uther, it belonged to Lud, before Lud, to Beowulf, before Beowulf to Baldur the Good, before Baldur to Thor himself and that was when the world was young and there were more than seven colors in the rainbow. (and in an aside to Uther) Speak the words.
UTHER (bellowing) One land, one king! That is my peace!
The Duke of Cornwall looks around nervously as some of his knights fall to their knees in awe.
DUKE OF CORNWALL Lord Uther, if I yield to the sword of power, what will you yield?
UTHER Me, yield!?
Merlin urges Uther hard.
MERLIN (a whisper) He has given. Now you must.
The two knights glare at each other, rage contending with anger.
UTHER The land from here to the sea is yours if you will enforce the King’s will.
The enemies lock eyes and Merlin watches anxiously.
DUKE OF CORNWALL Done!
All men from both sides break out in wild cheers.
DUKE OF CORNWALL My Lord King Uther, let us feast together. To my castle. Lord Merlin, you must join –
But Merlin is nowhere in sight.
INT. TINTAGEL CASTLE – HALL – NIGHT

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Handel – Dean Winton

HandelRecupero un nuovo volume della collana "Guida alla musica", edito della Giunti nella seconda meta’ degli anni ’80.
Traduzioni della serie originale "The New Groove", i volumi si distinguono per essere stati concepiti in era pre-internet percio’ molto dettagliati nella catalogazione delle opere di ogni musicista trattao. Che il libro riveli la sua natura didattica lo si evince anche dalla divisione in capitoli scelta dal curatore.
Normalmente una biografia e’ omnicomprensiva nell’esporre informazioni, esposta solitamente in ordine cronologico e condivisa tra vita e arte, due aspetti che raramente si slegano negli artisti e che procedono di pari passo.
Winton invece fa qualcosa di leggermente diverso, puntando su una biografia molto tecnica e poco personale, infarcendo la storia con una quantita’ impressionante di dettagli e date che per un uomo vissuto tre secoli fa viene da chiedersi come sia possibile che tanta precisione sia giunta sino a noi.
Fin troppo viene da dire in quanto per una lettura generalista, il florilegio di giorni e mesi alla fine si sovrappongono e si confondono nella mente, vanificando in parte il grande lavoro dell’autore. Al contrario per ricerche e studi saranno utilissime. Sempre per fini didattici, l’analisi dello stile, il riflesso della sua opera sui musicista dell’epoca e quelli a venire, sono divisi in capitoli tematici a parte. Infine il lungo catalogo che occupa quasi la meta’ del volume, parte forse inutile oggigiorno ma come ho gia’ avuto modo di scrivere, la facilita’ e la velocita’ di reperimento delle informazioni gareggia con la ricerca web.
Mi piace molto questa serie e questo specifico di Handel conferma il giudizio positivo.
Oltretutto lo si trova fuori catalogo nei vari remainder o outlet del libro che di questi tempi non e’ male.

A proposito di tutte queste… signore – Ingmar Bergman

A proposito di tutte queste signoreFelix e’ un grande violoncellista, forse il piu’ grande di tutti. Purtroppo pero’ e’ morto e una lunga schiera di donne partecipa alle esequie ma non solo perche’ tra loro c’e’ anche Cornelius, il critico incaricato a scrivere la sua biografia.
Cosa e’ accaduto ce lo racconta il lungo flashback che inizia quattro giorni prima, con l’arrivo di Cornelius nella grande villa di Felix, un luogo solare e pieno di vita, vita che le signore elargiscono con grande ardore a Felix che della casa ha fatto un vero e proprio harem, con tanto di mogli, amanti, le riserve delle amanti e via discorrendo.Il critico approfittera’ della situazione, pur essendo ripiego del grande artista che elargisce i propri favori con grande egoismo preferendo inevitabilmente talune alle altre.
Di Felix vedremo solo la sagoma e neppure la morte dara’ la soddisfazione del mirarlo da vicino ma poco importa, egli e’ passione e idea.
Film primo in tante cose. Primo film a colori di Bergman ma soprattutto, almeno per me e credo per molti, primo film davvero inutile di Bergman.
Del regista non c’e’ nulla, piu’ farsa che commedia, non diverte e se doveva essere un esperimento, e’ totalmente fallito. Tolta la trama in senso stretto, senza sviluppo e senza morale, cade nell’essere totalmente autocelebrativa attraverso la facile equazione Felix=Bergman facendo in fondo di una questione privata, un’opera pubblica di dubbio interesse. Va bene prendersi poco sul serio ma un intero film per ricordarlo certo e’ eccessivo. Dopo l’"8 e 1/2" di Fellini ma diverso da Fellini che almeno pone una questione etica ed artistica mentre Bergman si limita a fare la ruota alzando le piume con la scusa dell’ironia.
Ricorda certe commedie raffinate francesi dell’epoca, imitazione controproducente quando gia’ si e’ icona e maestro.
Poco anche sul fronte attoriale dove la farsa mal si contiene con la bravura, primo tra tutto il vero protagonista Jarl Kulle, quel Cornelius che a stento travalica la macchietta.
Esempio curioso di film totalmente sbagliato e solo per Bergman, puo’ avere senso guardarlo.

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L’occhio del diavolo – Ingmar Bergman

L'occhio del diavoloMica e’ detto che sia solo l’inferno a infastidire il Paradiso.
Accade anche il contrario in un continuo botta e risposta tra i due domini separati dal pianeta Terra, luogo di eterna battaglia, con gli uomini come inconsapevoli pedine.
Cosa puo’ irretire il diavolo in persona se non la purezza, la bellezza, l’amore e l’onesta’?
Pare impossibile che una sola persona abbia in se’ tutti questi pregi, eppure la bella Bibi Andersson, ventenne casta e pura riesce con le sue grazie a far chiudere un occhio a Belzebu’ con un fastidioso orzaiolo.
Per distruggere tanta virtu’ l’inferno scatena la sua arma piu’ potente: Don Giovanni che tornando per un giorno sulla Terra, dovra’ far cedere la bella Bibi e rinunciare alla propria purezza a pochi giorni dal matrimonio.
E’ cosi’ che il redivivo rubacuori, accompagnato dal fedele servitore, finira’ a casa del reverendo suo padre e mentre il secondo cerchera’ di sedurre la madre della bella, Don Giovanni puntera’ tutte le sue armi sulla casta figlia. E il padre e marito? Nella sua lotta contro il male, ridurra’ la questione ad livello teorico e astratto.
Strano film per Bergman, Impostazione teatrale, come in effetti e’  il testo non suo, da lui rielaborato ma declinato in eccesso sulla commedia, un po’ troppo leggera per le sue corde. E’ un Bergman relativamente giovane, piu’ propenso alla facezia ma certo lo sappiamo diverso da come qui si mostra. E’ pur vero che il regista ne approfitta per mollare fendenti micidiali allo stile di vita nordico e soprattutto alle signore di quelle zone, arrivando a stilare un feroce decalogo per conquistarle. Protagonista la Andersson, invariabilmente sua ex ed inevitabilmente protagonista in una storia che senza dubbio avra’ risvolti autoreferenziali, incluso un padre pastore protestante, incapace di comprendere le necessita’ di chi gli sta accanto.
Un  Bergman diverso ma alla fine ci piace anche cosi’.

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Collezione Verzocchi e Palazzo Romagnoli (Forlì, 14-03-2015)

Collezione Verzocchi-DeperoForse non tutti sanno che, io ad esempio non lo sapevo, esiste in Italia una singolarissima collezione Verzocchi.
Giuseppe Verzocchi fu un illuminato imprenditore forlivese nato nel 1887, uomo di una volta, di quelli che si facevano dal nulla grazie a tanta volonta’ e tanta intelligenza.
Fu un mecenate ma anche persona concreta che uni’ la passione per l’arte al suo lavoro, industria di mattoni e materiali refrattari.
Nel 1949 per 100 mila lire. cifra a quel tempo importante, commissiono a oltre 70 artisti del calibro di Sironi, Casorati, Guidi, Depero piuttosto che De Chirico e Guttuso, un’opera col lavoro come tema centrale, ponendo inoltre la condizione di rispettare la dimensione di 90×70 e anteporre la sigla "V&D" all’interno di un mattoncino.
Donata dall’imprenditore al comune nel 1961, da allora e’ disponibile e aperta al pubblico.
Nella splendida cornice del Palazzo Romagnoli recentemente restaurato e che oggi ospita le Collezioni civiche del Novecento, e’ possibile ammirare la singolare raccolta che non so quanto unica ma certamente per importanza dei nomi e per periodo storico, ha molto da offrire, non solo la semplice curiosita’.
Allo stesso tempo e’ possibile vedere il carteggio tra Verzocchi e gli artisti, nonche’ alcuni degli autoritratti sempre abbinati alla consegna del quadro.
Palazzo Romagnoli - WildtBasterebbe gia’ questo a dare senso e valore alla visita che s’impreziosisce ulteriormente con le esposizioni del secondo piano che comprendono una nutrita raccolta di artisti romagnoli e quadri un tempo appartenuti alla pinacoteca civica. Bei nomi, alcuni eccellenti, Balla su tutti e una piacevole esposizione di sculture, alcune sorprendenti come Mario Moschi e Pietro Melandri.
A proposito di sculture, fenomenale la sala dedicata ad Adolfo Wildt, scultore milanese autore di una plasticita’ unica e riconoscibilissima, sempre sul filo della celebrazione e della dissacrazione, potente e sorprendente.
La presunta vicinanza al fascismo ha fatto si che la censura, quella vera, quella in atto dal dopoguerra, lo abbia relegato ad artista di secondo piano, ma basta entrare a contatto con una sola delle sue sculture per rendersi conto di quale straordinario artista egli fosse.
Infine non manca l’omaggio a Giorgio Morandi nella fase ultima della sua carriera oltre ad alcune acqueforti davvero singolari. In ultimo una piccola retrospettiva di Marceo Casadei dal titolo "Arte in trincea" con dipinti che divengono testimonianze, della I Guerra Mondiale
Insomma, tanti piccoli spazi che sanno regalare sorpresa e piacere. Ambiente ed esposizione molto curati, personale gentile e qualificato, abbinato a Boldini ma non solo, vale certamente la visita.

Pagina ufficiale Palazzo Romagnoli

Rollerball (1975) – William Harrison (dialogs script)

Hello, Johnny.

How are you, Ella?

Nervous.

How are you?

I’m all right, I guess.

What are you doin’?

Looking at you. Counting your scars.
Seeing how you’ve changed.

Oh, you mean that’s how I’ve changed?

Just a little more beat-up.

Oh, no!

You’re just not…
Yeah, well…

Come on.

You want a drink or somethin’?

No, thank you.

You have a lovely place.

Thank you. Well, I’ve seen your house.

You have?

Yeah. When we played in Rome, I stood a block away and watched your front gate for a couple of hours.
I was just standin’ there wonderin’ what your furniture was like, what you said to each other in the mornings.
What’s he like? What’s he do, this…?

He’s a city engineer.

We have a jet-copter, a son, two cats and a place in the Alps.
You don’t really want to hear all of this.

– A son, huh?

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La mistica Rosacroce in Richard Wagner – Gian Paolo Candido

La mistica Rosacroce in Richard WagnerEnnesimo giro tra mercatini del libro e qualcosa salta sempre fuori.
Trovo in un angolino, peraltro ad un prezzo molto modesto, questo libretto, segno evidentemente di poco interesse da parte di potenziali acquirenti.
Per fortuna aggiungo io.
E’ da un po’ che desidero approfondire Wagner nella sua interezza di uomo e artista, non posso dire che questo libro fosse in programma ma mi sembrava interessante soprattutto per le molte implicazioni che ne derivano, siano esse vere o presunte.
Sull’ordine Rosacroce e la filosofia rosacruciana invito a consultare fonti molto piu’ informate di questa, d’altro canto il punto centrale del testo e del mio interesse resta Wagner.
Dopo il breve cappello introduttivo dell’autore, seguono le ragioni dell’avvicinamento di Wagner a un’idea che fece ben presto propria attraverso le proprie opere, opere che divennero archetipiche per la filosofia stessa con le notissime ripercussioni sino al secolo scorso col nazismo che, semplificando il concetto, fece delle musiche di Wagner la colonna sonora del Nazionalsocialismo.
Non ho trovato molte informazioni su Candido, del resto a quanto mi risulta e’ studioso di ordini antichi e ha scritto per un solo editore. In effetti non e’ uno che si legge benissimo. Il libro pare rivolto a iniziati all’argomento. pochi fronzoli, scrittura pesante su argomenti che richiederebbero una mano piu’ leggera in contraltare alla difficolta’ del testo. Padroni o meno dell’argomento, una buona esposizione e’ sempre gradita, talvolta necessaria.
In realta’ e’ palese che per Candido interessi molto di piu’ parlare delle leggende sulle quali Wagner ha creato le sinfonie, piuttosto che delle sinfonie stesse, identificando il legame nel solo utilizzo, senza approfondire ulteriormente. Cosi’ alla fine il libro si riduce ad un riassunto della tetralogia wagneriana.
Piu’ interessante la seconda parte del testo che raccoglie scritti di Eduard Hanslick, Nietzsche e Wagner stesso.
Occasione sprecata, nel caso ci si imbatta, si puo’ lasciare dov’e’.

Turne’ – Gabriele Salvatores

TurneDai una, dai due, dai tre alla fine son tornato a guardarlo.
Amici da una vita, attori ad un passo dal successo, sempre insieme ed insieme una nuova tournée in giro per l’Italia. Tutto tra loro e’ condiviso, ad un certo punto anche la donna che tradisce l’uno per l’altro, salvo poi dichiararsi innamorata di entrambi, giusto per complicare un po’ le cose.
Come se non bastasse, arrivera’ la grande opportunita’ del cinema americano che seperara’ i due amici una volta per tutte… forse.
Come dicevo, e’ davvero da tanto che non pensavo a questo film.
Vuoi che in fondo si fa apprezzare negli anni in cui ci si strugge per amore, quado si vuole lasciare tutto e fuggire e il melodramma vince nel teatrino della vita. Eppure e’ un  film che so apprezzare piu’ oggi che ai tempi in cui lo vidi e parliamo di poco tempo dopo l’Oscar di "Mediterraneo".
Allora serbavo ancora una certa diffidenza in Abatantuono ma a rivederlo e’ Bentivoglio la tragedia perche’ non e’ maledetto, e’ solo moscio.
Poi la Morante… eh la Morante. Oltre le tette il nulla, anzi restano i ciglioni che solo la Ferilli ha saputo sfoggiare cosi’ male ma ai quali non fai caso tenendo lo sguardo basso. 
E  la dizione, che ti domandi come e’ possibile sia arrivata sino a li. Ok meglio non chiederlo.
E’ un Salvatores ancora molto televisivo, qualche sprazzo di luce nei grandi spazi, esterni migliori degli interni e non a caso i film successivi saranno vincenti all’aria aperta.
Mi fa molto ridere questa storia del triangolo, degli amiconi che si rubano le donne. Tanto per fare il maligno gossipparo, la storia dei due protagonisti trova una sponda nella realta’, ovvero quando Salvatores piu’ o meno in quegli anni, si mise con l’ex moglie di Abatantuono che nel film e’ quello che ruba la donna, in un gioco di specchi che solo Fellini pote’ osare. Vuoi vedere che il regista ha qualcosa a che fare col divorzio e il film e’ anche un pretesto per dire la propria? Divertente anche il richiamo scherzoso all’Oscar che solo un anno dopo verra’ veramente. Curiosa premonizione, stupefacente per alcuni versi.
Leggerissimo, quasi impalpabile, molte le battute buone che in gran parte ringraziano la verve di Abatantuono, protagonista e mattatore della pellicola, qualche sequenza da ricordare e che dire, invecchiato ma piu’ o meno regge.

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