Boldini, lo spettacolo della modernita’ – (Musei San Domenico, Forlì 14-03-2015)

Boldini ForliRaramente mi avventuro nella pittura  antecedente i primi del ‘900 perche’ pur avendo una predilezione per il figurativo e una passione per l’iperrealismo, l’astratto e l’informale mi affascinano molto di piu’.
Per Boldini pero’ val bene un’eccezione e la trasferta forlivese, perche’ egli fu un artista che attraverso’ decenni che oggi sappiamo fondamentali nella storia dell’arte, divenendo gia’ allora  un emblema e un modello.
Nato a Ferrara nel 1842, appena ventenne approdo’ a Firenze dove entro’ ben presto in contatto col primo nucleo dei macchiaioli che in quegli anni cominciavano a definire uno stile proprio. Tempo due lustri e Boldini si trasferi’ a Parigi, affascinato dal fermento artistico e libertino che la citta’ d’oltralpe prometteva e li’ si stabili’ in via definitiva anche grazie all’immediato successo che la sua arte gli procuro’ e la sicurezza economica derivata dall’essere finito sotto l’ala protettrice di Goupil, all’epoca ricco e potente mercante. Prima paesaggista, si specializzo’ molto velocemente nel ritratto per il quale era richiesto da tutta la borghesia che non lesinava per avere un ritratto da lui.
Formidabili le sue donne, nobili e meno nobili, un intreccio di eleganza e sensualita’ inaudita e sempre al limite dell’accettazione comune che le sue frequentazioni certo non aiutavano. In effetti egli seppe ritrarre la borghesia come non si era mai vista prima e in quelle immagini si riconobbe bella ed inerte come in effetti era. 
Allo stesso tempo fu cronista di un’epoca nei luoghi come il Moulin Rouge, i cafe’ cittadini ma soprattutto amici, molte amiche, conoscenti essi stessi protagonisti di tempo e storia. Di successo in successo, di donna in donna, Boldini che eppure non fu bello e neppure troppo amabile, solo la progressiva cecita’ ostacolo la sua pittura che comunque cerco’ di portare avanti in un modo o nell’altro sino alla sua morte avvenuta nel 1931.
Se e’ vero che la pittura tutta non e’ sostituibile da foto e altre immagini, vedere Boldini dal vivo diviene un’esigenza assoluta. La brillantezza dei suoi olii, lo splendore dei suoi acquarelli non puo’ essere vissuta se non di persona, tuffarsi nel dettaglio che non cessa di stupire anche a distanza ravvicinata.
Nel corso degli anni poi, sviluppo’ una tecnica formidabile di messa a fuoco del soggetto attraverso una progressiva disgregazione dei particolari di sfondo sino ad una stilizzazione dei dettagli margine, una sorta di sfocatura radiale che la fotografia fara’ propria molti decenni dopo.
Mostra ampia e di grandissimo respiro che mette a confronto Boldini assoluto protagonista con altri a lui affini come causa e come effetto, in primis un bellissimo Degas dal quale apprese le inedite angolazioni del ritratto.
Curata molto bene, ugualmente avrei preferito un’esposizione delle opere in ordine cronologico e non tematica per quanto, spesso le due cose coincidano. Anche il percorso audio che accompagna la mostra fa luce sui momenti fondamentali dell’artista ma non aiuta a ricostruire un percorso stilistico che si smarrisce nelle meraviglia del suo lavoro, faticando pero’ ad emergere come evoluzione e ricerca.
Difetto da sorvolare, la mostra e’ impressionante, un’occasione davvero unica per apprezzare ancora di piu’ un artista italiano che seppe essere piu’ grande dei francesi a casa loro, ulteriore motivo di orgoglio.
C’e’ tempo sino al 14 Giugno, approfittatene.

Scheda Evento

Quo vadis, baby? – Gabriele Salvatores

Quo vadis, babyAngela Baraldi lavora col padre come investigatrice. Due morti pesanti nel suo passato, la madre e la sorella, entrambe suicide e quando le spediranno le videocassette che la sorella registrava come un videodiario, si riaprira’ un’antica ferita e l’inevitabile bisogno di capire cosa la spinse verso un simile gesto.
Un giallo che punta al thriller per il regista premio Oscar ma nel contempo l’occasione di raccontare il proprio mondo, declinando la storia agli archetipi che lo definiscono. Musiche e cinema a farla da padrone sotto la pioggia che pare acida come quella losangelina del 2019 e funzionale ad un mood oscuro tutto italiano alla Infascelli che cito ad esempio non come reale maestro di genere.
Salvatores va letteralmente a nozze con un film che si svela attraverso il cinema e in esso rivela le sue debolezze e l’eccessiva semplificazione. In qualche modo il regista milanese vuole strafare e non si scorda di piazzarci davanti agli occhi, poster, citazioni, immagini, fotografie e scritte dal cinema che ama di piu’, sempre quello in fondo se si va dai "400 colpi" a "Jules and Jim" da "I pugni in tasca" a "La dolce vita".
Diventa persino banale per la soluzione del giallo usare "Ultimo Tango a Parigi" e " M – Il mostro di Düsseldorf" ma del resto queste facilonerie si accentuano con la colonna sonora che con grande originalita’ sfoggia i Ramones nei momenti di rabbia, Stratos che c’e’ coi Ribelli quando la Baraldi si ribella e "Impressioni di Settembre" per la triste nostalgia. Avvilente. Poi mi si dia del fissato ma quando dico che i Talking Heads piacciono agli "amici" che piacciono e qui presenti in suono e reiterate immagini, forse un po’ di ragione l’ho.
Come andra’ a finire e’ gia’ chiaro dopo 20 minuti ma non e’ questo il peggior difetto perche’ le due protagoniste proprio non vanno e passi la Baraldi che stimiamo come cantante ma recitare non e’ il suo mestiere, peggio Claudia Zanella che nella pessima tradizione italiana degli ultimi decenni, recita dall’inizio alla fine senza offrire per un istante, una parvenza di realta’. Gigio Alberti mi spiace ma anche lui nella parte di bellone non ci sta proprio. Tolta qualche eccezione nei ruoli minori come Elio Germano e Andrea Renzi, il casting e’ senza alcun dubbio sbagliato. Colpa v’e’ anche nei testi, artificiali, ridondanti, irreali perche’ nessuno al mondo parla cosi’ e tolto il finale, suggestivo nell’idea, non si aggiunge molto a quanto gia’ visto, letto e sentito.
Poi dai, un film che s’appoggia idealmente a "L’ultimo tango a Parigi", ovvero tra le espressioni piu’ ridicole della settima arte, non poteva che scivolare in qualcosa.

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The Godfather (Il Padrino) – Mario Puzo, Francis Ford Coppola (estratto)

INT. DAY: DON’S OFFICE (SUMMER 1945)
The PARAMOUNT Logo is presented austerely over a black  background. There is a moment’s hesitation, and then the  simple words in white lettering:
THE GODFATHER
While this remains, we hear: "I believe in America." Suddenly  we are watching in CLOSE VIEW, AMERIGO BONASERA, a man of  sixty, dressed in a black suit, on the verge of great emotion.
BONASERA  America has made my fortune.
As he speaks, THE VIEW imperceptibly begins to loosen.
BONASERA  I raised my daughter in the American  fashion; I gave her freedom, but  taught her never to dishonor her  family. She found a boy friend, not  an Italian. She went to the movies  with him, stayed out late. Two months  ago he took her for a drive, with  another boy friend. They made her  drink whiskey and then they tried to  take advantage of her. She resisted;  she kept her honor. So they beat her  like an animal. When I went to the  hospital her nose was broken, her  jaw was shattered and held together  by wire, and she could not even weep  because of the pain.
He can barely speak; he is weeping now.
BONASERA  I went to the Police like a good  American. These two boys were arrested  and brought to trial. The judge  sentenced them to three years in  prison, and suspended the sentence.  Suspended sentence! They went free  that very day. I stood in the  courtroom like a fool, and those  bastards, they smiled at me. Then I  said to my wife, for Justice, we  must go to The Godfather.
By now, THE VIEW is full, and we see Don Corleone’s office  in his home.
The blinds are closed, and so the room is dark, and with  patterned shadows. We are watching BONASERA over the shoulder  of DON CORLEONE. TOM HAGEN sits near a small table, examining  some paperwork, and SONNY CORLEONE stands impatiently by the  window nearest his father, sipping from a glass of wine. We  can HEAR music, and the laughter and voices of many people  outside.
DON CORLEONE  Bonasera, we know each other for  years, but this is the first time  you come to me for help. I don’t  remember the last time you invited  me to your house for coffee… even  though our wives are friends.
BONASERA  What do you want of me? I’ll give  you anything you want, but do what I  ask!
DON CORLEONE  And what is that Bonasera?
BONASERA whispers into the DON’s ear.
DON CORLEONE  No. You ask for too much.
BONASERA  I ask for Justice.
DON CORLEONE  The Court gave you justice.
BONASERA  An eye for an eye!
DON CORLEONE  But your daughter is still alive.
BONASERA  Then make them suffer as she suffers.  How much shall I pay you.
Both HAGEN and SONNY react.
DON CORLEONE  You never think to protect yourself  with real friends. You think it’s  enough to be an American. All right,  the Police protects you, there are  Courts of Law, so you don’t need a  friend like me. But now you come to  me and say Don Corleone, you must  give me justice. And you don’t ask  in respect or friendship. And you  don’t think to call me Godfather;  instead you come to my house on the  day my daughter is to be married and  you ask me to do murder… for money.
BONASERA  America has been good to me…
DON CORLEONE  Then take the justice from the judge,  the bitter with the sweet, Bonasera.  But if you come to me with your  friendship, your loyalty, then your  enemies become my enemies, and then,  believe me, they would fear you…
Slowly, Bonasera bows his head and murmurs

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Glenn Gould. Un genio innamorato – Michael Clarkson

Glenn Gould. Un genio innamoratoTrovo aberrante l’idea che qualcuno si interessi alla vita privata degli altri, fossero questi i vicini di casa, i cosiddetti vip o politici. Penso sia un inequivocabile segnale di pochezza intellettuale e disagio emotivo, percio’ l’idea di un libro che scava nei fatti personali del piu’ grande musicista del secolo scorso mi fa orrore. A lungo ho scartato l’idea di leggerlo, poi avuto tra le mani ho cercato di capire fin dove si spingesse e quale autorita’ avesse il suo autore e lentamente mi ci sono avvicinato man mano che diminuiva la diffidenza. Alla fine mi sono convinto, trovando che in fondo riuscivo a sopportare le presunzioni, di massima documentate, per avere in cambio un maggiore dettaglio sulla vita di Gould che fu straordinario musicista ma non di meno una personalita’ eclettica e geniale nel senso piu’ ampio del termine, tra gli ultimi uomini del rinascimento del XX secolo.
Che Gould fosse uomo eccentrico e singolare non e’ una novita’, che non esista una sola prova documentata di una relazione stabile con una donna neppure. Mai si preoccupo’ in vita sua di fornire alcun tipo di indicazione e mai si curo’ delle dicerie che lo volevano omosessuale. E’ anche vero che amici, conoscenti e collaboratori lo pensavano sposato alla musica e certo e’ quanto piu’ si avvicina alla verita’ ma e’ altrettanto improbabile la totale astinenza da ogni contatto fisico.
Qui si inserisce il libro di Clarkson che ricostruisce la biografia di Gould attraverso testimonianze e conoscenze, interviste e reperti trovati nel corso degli anni.
Circostanziato e di massima preciso, non stiamo parlando di spazzatura gossip. Clarkson talvolta incede con la presunzione, mette punti interrogativi quando gli fa comodo e talvolta inopportuni, pone accenti su fatti altrimenti interpretabili ma resta corretto e raramente scandalistico.
Di positivo ed e’ la ragione per la quale vale la pena dare una chance al libro, si scende in particolari molto interessanti che altre biografie non approfondiscono, tipo il rapporto tra Gould e altri musicisti o personaggi come Bernstein o Lukas Foss. L’idea e’ studiare Gould e qualche buon spunto si trova.
Certo non baserei la con conoscenza dell’uomo Gould con questo libro, in fondo e’ la musica a definirlo ma puo’ dare un discreto apporto alla tavolozza dei colori che lo disegnano.

Soffocare – Clark Gregg

Soffocare filmVictor Mancini e’ un sesso dipendente e cio’ contribuisce a rendergli la vita piuttosto variegata ma non lo assolve dal lavorare come comparsa in un parco tematico sull’America del 18o secolo. Arrotonda lo stipendio simulando soffocamenti nei ristoranti, illudendo le vittime della truffa d’essere eroi che lo ripagano mandando soldi e affetto.
A complicargli pero’ la vita e’ la madre demente ricoverata in un istituto di cura, donna dalla vita strana e misteriosa. Abbandono’ il figlio lasciandolo in affidamento per ricomparire di tanto in tanto con informazioni fuori dal comune e un fare da agente segreto braccato.
Cresciuto senza conoscere il padre, la notizia che potrebbe essere un clone nientepopodimeno che Gesu’ Cristo, avra’ in Viictor un effetto tellurico nella sua esistenza.
Come se non bastasse, nella sua vita fara’ capolino anche l’amore.
Quarto romanzo di Chuck Palahniunk, "Soffocare" rientra ancora nell’onda lunga di opere straordinarie che fiondarono il nostro nell’olimpo della letteratura mondiale. Fu un romanzo che amai moltissimo ma cominciai ad intravedere delle crepe che nel tempo divennero poi voragini. Forte il nozionismo compulsivo iniziato con "Survivor" e "Fight Club", la progressione verso situazioni sempre piu’ astratte e metafisiche si esaspera, a stento il nostro la  controlla per cadere poi nella caotica follia che trovera’ in "Rabbia" il momento piu’ basso della carriera dello scrittore. In parole povere, Palahniuk mette troppa carne al fuoco per compensare con la quantita’ carenze qualitative, sbilanciandosi in un inutile vuoto nel quale frana rovinosamente.
Inaspettatamente, Gregg il regista crea ordine e coerenza e senza semplificare troppo, struttura meglio un racconto che su carta si sfalda in troppi punti. Merito di un adattamento a dir poco ben fatto ma anche dei suoi protagonisti,  Sam Rockwell lo straordinario protagonista Victor ma ancor di piu’ Anjelica Huston che non ha bisogno di presentazioni ma e’ perfetta nel giusto mix di demenza, follia, humor nerissimo e dramma.
Anche i comprimari, come l’amico Brad William Henke o la dottoressa Kelly Macdonald sono in un totale stato di grazia e non fidandomi troppo alle coincidenze, credo vada a Gregg il merito di aver orchestrato alla perfezione la squadra.
Divertente e drammatico, ben girato, scritto benissimo e interpretato ancora meglio.
Poi c’e’ Palahniuk, come pretendere di piu’?

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Mr. Stitch – Roger Avary

Mr StitchUn paziente avvolto nelle bende, a stento vediamo occhi e bocca.
Un dottore, Rutger Hauer che risolve il dubbio allo spettatore attento, spiegando di un nuovo Frankenstein in un mondo futuro nel quale non sappiamo che e’ accaduto ma certo qualcosa di molto, molto grave.
Un Frankenstein si diceva, assemblato coi resti di 88 persone, un puzzle umano superiore pero’ alla somma delle sue parti. Piu’ forte, piu’ intelligente, un vero e proprio superuomo il cui scopo resta tutto da comprendere.
Tutta la vicenda, o quasi, si svolge all’interno di uno spazio neutro totalmente bianco.
I Wachowski la chiamerebbero "struttura", George Lucas in "THX 1138", vero precursore ed ispiratore dell’impianto visuale, di questo ambiente ne fece prigione ed in effetti un po’ prigione lo e’ se, Lazarus questo e’ il nome che si autoassegna il paziente, resta confinato in attesa di essere pronto per uscire. A quanto pare pero’ i pezzi che lo compongono non solo solo carne morta riportata in vita.
Vidi questo film a tardissime notte ed era la fine degli anni ’90. Ricordo che a colpirmi furono Hauer, attore al quale vogliamo tutti bene e che trovai molto invecchiato, poi ovviamente l’ambientazione che come ho detto, rimandando a "THX 1138", suscita un fascino tutto particolare. Misterioso e profondo, almeno nella prima parte, attrae con la forza di cio’ che non vediamo, quel mondo solo accennato che si nasconde dietro il volume infinitamente bianco.
Nello sviluppo emotivo e psicologico di Lazarus, la chiave per leggere quel mondo e qualche spunto anche non banale, sull’individuo e la societa’ in cui viviamo.
Rivedo il film con grandissimo piacere, data anche la non facile reperibilita’. Testo e regia di Avery, l’uomo dietro al primo Tarantino e scrittore di sceneggiature importanti, alcune da manuale, piu’ noto forse per "Killing Zoe", il vero precursore di "Pulp Fiction", in realta’ estensione di "Le iene" e soprattutto il formidabile "Una vita al massimo".
Se la prima parte riserva un’ottima scrittura, la parte finale purtroppo e’ a dir poco avvilente, figlia di un cambio in corsa che ha disintegrato le buone premesse. Lo stesso dicasi della regia, buona inizialmente, tragica nella conclusione. Spiace per Wil Wheaton / Lazarus ma riesce ancora una volta ad essere l’uomo sbagliato nel ruolo sbagliato, totalmente inadeguato al personaggio. Adeguato e’ invece di Hauer punta di diamante dell’operazione eppure primo responsabile del suo affondamento, perche’ mollo’ il progetto a giochi iniziati, costringendo ad una pesante riscrittura. Dietro le quinte ci si fa rispettare, con Tom Savini al trucco e le grandi musiche di Tomandandy  
Resta il senso di un film incompleto che avrebbe meritato miglior fortuna. Comunque affascinante.

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The cinema show – La variante e la regola (Modena 28-02-2015)

The cinema showScopriamo l’ultimo lascito di Marco Pierini, direttore della Galleria Civica di Modena prima che lo zampone prenda il sopravvento e godiamoci al Palazzo Santa Margherita una mostra fotografica che celebra la fotografia e i fotografi, fotografi chiamati ad un compito ben preciso: fotografare il cinema.
Ogni pellicola di un certa importanza, raccoglie durante il girato, foto solitamente raccolte in portfolio che celebrano o raccontano quella piccole e grande avventura che e’ la costruzione di un film. In un tempo, senza internet, cd, dvd e quant’altro, le foto di scena divenivano talvolta l’unico mezzo per illustrare a distributori, addetti ai lavori e al pubblico, un nuovo lavoro ed e’ importante riflettere sul fatto che  la vera memoria storica del cinema, gli scatti che hanno incendiato l’immaginario di generazioni di spettatori, sono in gran parte foto di scena. Mestiere questo che iniizio’ a definirsi nel dopoguerra, grazie alle nuove pellicole piu’ sensibili anche con soggetti in movimento e con fotografi di cronaca che prestati al set, inventarono nuove prospettive accattivanti anche per gli stessi registi e non a caso molti di questi in seguito saltarono la barricata specializzandosi in fotografia cinematografica. Quaranta fotografi, un secolo di storia della settima arte che non racconta ma si fa raccontare e con essa i protagonisti che hanno cadenzato i decenni della nostra storia. Nostalgie e ricordi, un mondo che fu e che fa bene ricordare.
La variante e la regolaPoco in la’ da "The cinema show", le stanze che ospitano l’altra mostra "La variante e la regola".
Minimalismo e pittura analitica come cita il sottotitolo in quel fondamentale periodo che dal dopoguerra e per oltre un ventennio ha sottratto la soggettivita’ dell’artista ad un segno che pur astratto non definisce se stesso ma delinea nuove forme e nuovi colori attraverso combinazioni e schemi geometrici nella definizione, incredibilmente differenti nella sostanza, effetti che tra arte e scienza, travalicano l’illustrazione divenendo esperienze sensoriali vere e proprie. I nomi sono quelli che contano, Biasi, Veronesi, Bonalumi, Castellani e LeWitt tra gli altri e contribuiscono a fare della mostra un piacere che va oltre la piccola raccolta.
Sara’ che con questi artisti gioco in casa ma la mostra mi ha entusiasmato. C’e’ tempo per visitarla sino al 6 Aprile e per allora certamente tornero’.

Scheda The Cinema Show
Scheda La variante e la regola

Amadeus – Peter Shaffer (script)

1 INT. STAIRCASE OUTSIDE OLD SALIERI ‘S SALON – NIGHT – 1823 1
Total darkness. We hear an old man’s voice, distinct and in distress. It is OLD SALIERI . He uses a mixture of English and occasionally Italian.
OLD SALIERI Mozart! Mozart! Mozart. Forgive me! Forgive your assassin! Mozart!
A faint light illuminates the screen. Flickeringly, we see an eighteenth century balustrade and a flight of stone stairs. We are looking down into the wall of the staircase from the point of view of the landing. Up the stair is coming a branched candlestick held by Salieri’s VALET . By his side is Salieri’s COOK, bearing a large dish of sugared cakes and biscuits. Both men are desperately worried: the VALET is thin and middle-aged; the Cook, plump and Italian. It is very cold. They wear shawls over their night-dresses and clogs on their feet. They wheeze as they climb. The candles throw their shadows up onto the peeling walls of the house, which is evidently an old one and in bad decay. A cat scuttles swiftly between their bare legs, as they reach the salon door.
The VALET tries the handle. It is locked. Behind it the voice goes on, rising in volume.
OLD SALIERI Show some mercy! I beg you. I beg you! Show mercy to a guilty man!
The VALET knocks gently on the door. The voice stops.
VALET Open the door, Signore! Please! Be good now! We’ve brought you something special. Something you’re going to love.
Silence.
VALET Signore Salieri! Open the door. Come now. Be good!
The voice of OLD SALIERI continues again, further off now, and louder. We hear a noise as if a window is being opened.
OLD SALIERI Mozart! Mozart! I confess it! Listen! I confess!
The two servants look at each other in alarm. Then the VALET hands the candlestick to the Cook and takes a sugared cake from the dish, scrambling as quickly as he can back down the stairs.
2 EXT. THE STREET OUTSIDE SALIERI’S HOUSE – VIENNA – NIGHT 2
The street is filled with people: ten cabs with drivers, five children, fifteen adults, two doormen, fifteen dancing couples and a sled and three dogs. It is a windy night. Snow is falling and whirling about. People are passing on foot, holding their cloaks tightly around them. Some of them are revelers in fancy dress: they wear masks on their faces or hanging around their necks, as if returning from par-ties. Now they are glancing up at the facade of the old house. The window above the street is open and OLD SALIERI stands there calling to the sky: a sharp-featured, white-haired Italian over seventy years old, wearing a stained dressing gown.
OLD SALIERI Mozart! Mozart! I cannot bear it any longer! I confess! I confess what I did! I’m guilty! I killed you! Sir I confess! I killed you!
The door of the house bursts open. The VALET hobbles out, holding the sugared cake. The wind catches at his shawl.
OLD SALIERI Mozart, perdonami! Forgive your assassin! Pietˆ! Pietˆ! Forgive your assassin! Forgive me! Forgive! Forgive!
VALET (looking up to the window)That’s all right, Signore! He heard you! He forgave you! He wants you to go inside now and shut the window!
OLD SALIERI stares down at him. Some of the passersby have now stopped and are watching this spectacle.
VALET Come on, Signore! Look what I have for you! I can’t give it to you from down here, can I?
OLD SALIERI looks at him in contempt. Then he turns away back into the room, shutting the window with a bang. Through the glass, the old man stares down at the group of onlookers in the street. They stare back at him in confusion.
BYSTANDER Who is that?
VALET No one, sir. He’ll be all right. Poor man. He’s a little unhappy, you know.
He makes a sign indicating ‘crazy,’ and goes back inside the house. The onlookers keep staring.

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Come funziona la musica – John Powell

Come funziona la musicaQuando iniziai ad interessarmi alla musica nella sua essenza filosofica, antropologica e fisiologica, il testo di Powell era accreditato da piu’ parti come testo di riferimento. In effetti, date le premesse richieste, Powell e’ l’uomo giusto per il compito giusto. Laureato in fisica e diplomato al conservatorio, sa analizzare il fenomeno "musica" dall’interno e dall’esterno, come tecnico e come artista.
Esistono fenomeni fisici che si legano a filo doppio al modo in cui vengono percepiti, percio’ l’armonia o quantomeno cio’ che sentiamo tale, altro non e’ che la risultanza di forme d’onda legate tra loro attraverso la precisa maglia delle armoniche.  Una musica piacevole, o armoniosa appunto, non ha origine culturale, non solo almeno dal momento in cui gran parte delle dissonanze sono percepite come tali a prescindere dalla nazionalita’ o dalla cultura del soggetto. Semmai e’ vero che il modo in cui il cervello elabora i segnali sonori e non solo, ha origine nella preistoria laddove l’evoluzione ha veicolato l’ascolto all’interno di una matrice antropologica e oggettiva, non soggettiva. Il Powell scienziato spiega tutto questo ed e’ un buon maestro, del resto e’ il suo mestiere, non riassumere concetti e scoperte anche complesse, senza l’uso di formule o tecnicismi eccessivi, semmai l’opposto. Molto colloquiale, a volte tende a gigioneggiare con eccessiva e a tratti forzata verve umoristica, niente di male s’intende, atteggiamento derivato certamente dall’incontro con grandi platee. Piacevole e ci sta, qualche volta stancante ma nulla che tolga valore al testo. Si perche’ dovendo comporre una triade di libri ideale, con Ball musicologo e Karolyi musicista, Powell si inserisce perfettamente tra i due e le inevitabili sovrapposizioni si rivelano a seconda della lettura, dettagli degli altri. La sezione finale riprende tutti gli argomenti gia’ trattati ma questa volta li approfondisce  inasprendo quanto gia’ letto ma la giusta separazione dal resto, rende questa parte facoltativa solo per coloro che si sentono di affrontarla.
Libro a dir poco interessante e come detto se unito agli altri due citati, perfetto volume di una piccola enciclopedia del suono e della musica, divulgativa ma di grande utilita’.

Millennium – Uomini che odiano le donne – David Fincher

Millennium - Uomini che odiano le donneDaniel Craig e’ un giornalista in un momento particolarmente sfortunato della propria carriera. Condannato per calunnia, il giornale col quale lavora sull’orlo del fallimento, riceve da un ricco, ricchissimo industriale, l’offerta di lavorare per lui nel risolvere un caso di omicidio di quarant’anni prima che vide coinvolta la sorella dell’uomo, data per morta e mai ritrovata.
E’ una storia familiare complicata, soprattutto se si parla di una dinastia potente e capace. Craig accetta facendosi aiutare da Rooney Mara, gotica e disadattata, problemi con le relazioni interpersonali ed incline alla violenza, pero’ geniale e dotata di una straordinaria memoria visiva.
In breve quello che pareva un semplice omicidio, si rivela come la soluzione ad una lunga serie di omicidi irrisolti.
David Fincher alla regia e mi verrebbe da dire che e’ forse il film dove la sua mano si vede meno. In realta’ gia’ la sigla di testa che pare un "Fight Club" 2.0 svela con chi stiamo trattando ma il regista si limita a comparire qua e la’, in qualche curioso movimento di camera, nei colori che seguono le ambientazioni e le situazioni, nel fenomenale montaggio. Diciamo che dove c’e’ un thriller anomalo, Fincher sa cosa fare e lo fa molto bene.
Craig e’ un grande attore con una presenza fisica imponente e mai ostentata. Se serve un maschio alfa che non pretende di esserlo, lui e’ l’uomo giusto. Ancor meglio pero’ ed e’ una rivelazione, lei Rooney Mara, personaggio da fumetto straordinariamente caratterizzato dal regista, una specie di suicidegirl con superpoteri, roba da farci spin-off, telefilm e magliette fino alla fine dei tempi. La coppia riporta alla memoria gli inglesissimi John Steed e Emma Peel degli "Agente speciale" ed in effetti ben si prestano per una saga, cosa che lo scrittore Stieg Larsson sta portando avanti. Ottimo e abbondante anche il resto della truppa, a partire da Christopher Plummer fino a Stellan Skarsgard, una certezza assoluta. Ultima nota di merito va alle musiche di Trent Reznor che sulle colonne sonore sa davvero come mettere le mani
Non credo leggero’ il libro, non e’ il mio genere, percio’ non so dire quanto vi sia dell’originale stampato ma quanto ho visto mi e’ piaciuto molto, spero davvero in un seguito anche se per ora tutto tace.

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