Lubomyr Melnyk, Modena 09-11-2016

Lubomyr MelnykTorna il Node a Modena, dopo due anni nei quali l’amministrazione ha preferito la certezza del cotechino alla sfida della sperimentazione. Fortuna nostra pero’  torna alla grande con una formula espansa e decisamente interessante. A sorpresa ma non troppo, una delle proposte e’ Lubomyr Melnyk, poco elettronico, per nulla multimediale ma ben inscrivibile nell’ambito della sperimentazione essendo l’unico esponente degno di rilievo o meglio unico, della cosiddetta  "continuous music".
Melnyk e’ uno strano personaggio, ucraino di origine, si presenta in pubblico come un santone eremita, forse perche’ per anni ha vissuto lontano dalla civilita’, una sorta di misticismo animista e naturalista che e’ parte integrante della sua  tecnica e di conseguenza dello stile musicale.
Egli rientra di buon diritto nel new classical, movimento che sempre piu’ prende piede tra grandi artisti e qualche sopravvalutato bluff, un ritorno all’ordine con tanti padri, spesso non troppo originale ma sorprendentemente con piu’ prospettive rispetto un’avanguardia contemporanea, da decenni pressoche’ immobile e che dopo aver distrutto tutto, pare incapace di ricostruire continuando a girare a vuoto attorno alle proprie macerie.
Lo stile di Melnyk consiste in un flusso continuo ed ininterrotto di note, patterns velocissimi, plasma sonoro che come un mantra s’annulla e si trasforma nella ripetizione. Egli e’ lontano del minimalismo canonico eppure la trasfigurazione del suono nel quale gli spazi sono annullati e le note fuse una nell’altra, si puo’ intendere e percepire come un solo bordone cangiante, un effetto che Riley, Glass o Reich per fare i soliti nomi, hanno raggiunto attraverso la psicoacustica mentre Melnyk ci arriva con la fisica delle armoniche. Le risonanze infatti coprono un ruolo fondamentale creando un suono continuo invece che discreto come ci aspetteremmo dal pianoforte. Semplice da capire sulla carta, strabiliante all’ascolto, . Se da un punto di vista melodico e tecnico Melnyk propone brani semplici molto arpeggiati dimenticandosi di fatto di tutta l’evoluzione stilistica e tecnica degli ultimi 100 anni, inventa pero’ un complesso armonico nuovo mai udito prima.
Confesso che ascoltato sui vari canali digitali, Melnyk risultasse come un interessante funambolo del pianoforte, facili melodie di sfondo e rilassante tappeto acustico ma e’ sentito dal vivo che si comprende l’ampiezza e la valenza dell’effetto spettrale. Neppure e’ trascurabile la sua spiritualita’ non solo apparente che infonde nei brani che egli precede con spiegazioni entusiastiche e dettagliate che aggiungono un livello semantico a composizioni a tutti gli effetti a programma. Resto dell’idea che oltre l’incredibile affetto acustico la tecnica di Melnyk non conceda allo stile molto di piu’ di quanto abbia gia’ dato col rischio quindi di non evolversi in qualcosa d’altro fermandosi ad un ottimo esperimento ma vedremo. Intanto funziona, sorprende e credo sia gia’ molto di piu’ di quanto lo stesso Melnyk abbia mai osato sperare.

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