Disco Emilia – Lorenzo Immovilli, Stefania Carretti, Elisa Savignano

Disco EmiliaQualche mese fa, allo Spazio Gerra di Reggio Emilia in occasione della Fotografia Europea 2016, vidi il documentario "Disco Emilia" e rimasi talmente entusiasta che mi augurai che qualcuno si prendesse la briga di farne un film.
Scopro che non solo sono stato accontentato col DVD ma che assieme trovo un libro per approfondire cio’ che il documentario ha mostrato.
Solo oggi, a distanza di 30 anni, ci rendiamo conto veramente cosa fu l’Emilia in quegli anni e che fenomeno unico ed irripetibile rappresentassero le discoteche e i locali da ballo. Io c’ero e luoghi come il "Kiwi" o il "Picchio Rosso" erano ordinaria amministrazione per noi ragazzi, anche chi per me ha amato poco le discoteche, vuoi per la musica, vuoi che il ballare in se’ non mi ha mai attratto, ma come si poteva sfuggire al fascino della folla, delle ragazze, dell’esaltazione che comunque ti prende quando certi pezzi uscivano dalle casse. E mica parliamo solo di disco dance, luoghi come il Kiwi offrivano sale diverse e se da un parte imperava l’italo disco, a qualche decina di metri si ballava con la new wave e il technopop. Ce n’era davvero per tutti e l’Emilia era un riferimento non solo nazionale ma per tutto il mondo, Stati Uniti compresi che venivano da noi per imparare come costruire locali da ballo che potevano ospitare 3,4, 5000 persone a sera per 3 o 4 giorni alla settimana.
Cosa creo’ tutto questo? E’ difficile dirlo o meglio da un lato l’emiliano e’ qualcuno che come dice Ferretti Lindo Giovani, "un quarto al benessere, un quarto al piacere, un quarto all’ideologia, l’ultimo quarto se li porta tutti via", uno cioe’ che lavora duro poi si vuole divertire e spende per farlo. Poi servono soldi e qui ne sono sempre girati, percio’ vi furono imprenditori intelligenti e danarosi che investirono in queste strutture. Serve anche la fortuna perche’ molti di questi locali precedettero di qualche anno "la febbre del sabato sera" e quando la dancemania arrivo’, eravamo gia’ pronti. Seguirono 10 anni a dir poco esplosivi, incredibili, inimmaginabili e inspiegabili per chi non c’era. Ecco, libro e documentario raccontano tutto questo con a voce dei protagonisti, i DJ innanzitutto, poi gli impresari, i direttori, i tecnici, persino un celebre buttafuori e lo fa con un taglio originale, veloce e ben riuscito. Tanti micro capitoli definiti da grafica accattivante e molta ironia, testimonianze incrociate e molti ricordi, i soli a poter dare la chiave di cio’ che avvenne. Il lavoro dei curatori e della regia e’ davvero notevole, il film si fa guardare anche solo per la velocita’ e il divertimento che trasmette e una volta visto se ne vorrebbe vedere ancora.
Il libro viene incontro riaggregando le interviste alle singole persone e di fatto riproponendo quanto visto, nella versione integrale.
Davvero fenomenale. DVD e libro sono da avere non tanto come memorabilia quanto per comprendere uno spaccato d’Italia, rivivere un periodo da sogno e magari domandarsi come siamo potuti precipitare alla condizione attuale. Ecco, forse capendo meglio cosa eravamo, puo’ aiutare a comprendere come tornare ad esserlo.

Tre colori – Film rosso – Krzysztof Kieslowski

Film RossoInfine l’ultimo della trilogia dei colori e dei proclami: rosso come la "fratellanza" della bandiera francese. E’ la storia di Valentine, Irene Jacob, bella ragazza, una modella con. l’uomo che ama lontano da casa. Una sera investe un cane e grazie alla targhetta rintraccia il padrone, Jean-Louis Trintignant un vecchio giudice in pensione, burbero e scostante. Tra i due non c’e’ intesa ma si rincontreranno e lei scoprira’ che lui per una strana forma di hobby o forse deformazione professionale, ascolta le conversazioni telefoniche dei suoi vicini di casa. In un primo tempo Valentine vuole affrancarsi da questo abuso, poi in qualche modo ne diverra’ complice e da una lato approfondendo la conoscenza col vecchio, dall’altro entrando nelle vite degli spiati che a loro volta diverranno protagonisti di storie parallele e drammatiche.
Ancora una volta Kieslowski stupisce. Bellissimo da vedere. il rosso che permea ogni singola sequenza, il telefono parabola dei media a venire, che semplifica e complica, crea e distrugge, certamente isola anche quando in apparenza unisce. Forse meno presente in termini di pura tecnica, si affida con forza al dialogo, alla psicologia dei personaggi, situazione semplice in apparenza, complessa nelle implicazioni alle quali conduce. Devo dire che la grande sorpresa e’ Trintignant. Non perche’ il suo passato non parli per lui, quanto perche’ lo avevo completamente perso di vista
In effetti dagli anni ’80 ha ridotto enormemente le presenze sui grande schermo e sara’ l’eta’ o la magia della regia, ma il suo e’ un personaggio intenso, carico di rabbia e dolore, sincero e percio’ complesso nelle ragioni che solo in apparenza s’illuminano alla luce del sole. Tutti diversi tra loro i film della trilogia, questo forse e’ il piu’.. diverso appunto ma s’inserisce alla perfezione nel discorso che Kieslowski ha voluto portare avanti sull’individuo e il suo ambiente, che sia spazio fisico, sociale, morale ed individuale. Comunque alla fine il cerchio si chiude ed e’ il cerchio appunto un altro elemento caratterizzante dell’opera, l’andata e il ritorno, come nascita, morte e resurrezione. C’e’ sempre una speranza.
Giusto coronamento di un’opera unica e grandiosa.

Scheda IMDB

Tre colori – Film bianco – Krzysztof Kieslowski

Tre colori - Film biancoSecondo della trilogia, secondo colore della bandiera francese, secondo proclama nazionale, uguaglianza. Zbigniew Zamachowski e’ Karol, polacco emigrato in Francia e lo incontriamo nel momento del divorzio voluto dalla moglie moglie, Julie Delpy perche’ lui come dire, non consuma.
Da qui partiranno una serie di disavventure che obbligheranno Karol a tornare in patria da clandestino. Come si suol dire pero’ una volta raggiunto il fondo non si puo’ che risalire e lo fara’ per davvero, diventando in breve tempo ricchissimo pur senza dimenticare mai la moglie alla quale riservera’ una sorpresa anche per lei.
Ammetto che per tutta la prima meta’ del film, l’ho sottovalutato, rapportandolo al precedente "Film blu".
Il dramma c’e’ ma la leggerezza del personaggio, merito indubbiamente di Zamachowski, e’ celato ad un primo sguardo forse non troppo attento come il mio. Vero pero’ che poi arriva tutto e una certa ironia s’intreccia alla psicologia complessa della storia. Storia di uguaglianza si diceva, un’uguaglianza che e’ un pareggio con la vita, con un fato avverso che si puo’ ribaltare, un contrappasso che funziona anche in positivo. Ad ogni modo l’attore con la sua faccetta triste ma furba, incarna perfettamente il suo ruolo e cosi’ la Polonia nel bianco non sempre immacolato ma con una gran voglia di rinascere dopo la caduta del muro. Il film e’ del 1993 e la nazione libera e’  in cerca di un’uguaglianza col resto dell’Occidente. Piacevolissimo il gioco d’incastri con l’intera trilogia, rimandi incrociati, paralleli, similitudini e ovviamente la capacita’ di impostare le scene in modo tale che il banco risalti e non solo come colore.
Kieslowski e’ un orologiaio per meccanismi di alta precisione in una storia che si puo’ leggere in tanti modi, dal legame sesso e potere all’inno della determinazione, dal valore dei rapporti umani all’etica dell’amore. 
O solo come una bella favola, divertente e un po’ amara.

Scheda IMDB

Tre colori: Film blu – Krzysztof Kieslowski

Film BluCredo sia giunto il momento di affrontare seriamente Kieslowski. Negli anni ’90, quando era ancora in vita, non mi andava a genio, troppo fuori dalle mie grazie, poi perche’ piaceva troppo a chi non piaceva a me. Non e’ spocchia ma un metodo piuttosto efficiente per scremare l’oro dallo sterco.
Al contrario, in base allo stesso criterio, se piace a chi mi piace si puo’ provare e a Zizek Kieslowski piace parecchio percio’ mi sono detto, vediamo da dove partire e cosa meglio se non la trilogia che gli diede fama e onore, nonche’ la sua ultima fatica prima che un infarto lo stroncasse prematuramente.
Si inizia con "Film Blu", il primo seguendo l’ordine dei colori della bandiera francese e il primo dei suoi propositi: "liberta’". E’ la storia di Julie, una splendida Juliette Binoche che perde figlia e marito in un incidente stradale dal quale solo lei esce illesa. Il marito era un grande compositore, uno dei piu’ importanti dal dopoguerra e a lui e’ stato commissionato l’inno dell’Europa unita che da li’ a poco sarebbe dovuta nascere. Cosa accade nella mentre di una persona che all’improvviso perde le persone a lei piu’ care? Non si puo’ dire, ognuno e’ diverso. Julie non versa lacrime ma si affranca dalla vita precedente, riacquista la sua liberta’ rifiutando il passato, vendendo tutto, lasciando i luoghi del ricordo ma qualcosa resta dentro ugualmente. La musica riemerge prepotente, un’onda blu inarrestabile, momenti di buio nell’esistenza che trascina come un vortice in quel passato che si vuol dimenticare ma che e’ lui che non dimentica te, Come la musica trascina verso il basso, sara’ la musica a far tornare la vita a galla. Niente da dire, gran film. Sulla scia dei grandi russi, Tarkovskij e Sokurov, Kieslowski procede piano ma a passi regolari, inarrestabili. La precisione e’ totale, nulla e’ lasciato al caso, il colore blu domina come e’ ovvio che sia, sottolinea e racconta, a sua volta specchio dell’anima della protagonista. Come detto la Binoche e’ straordinaria, nei suoi anni migliori senza dubbio, anche lei erede di quella espressivita’ intensa ma trattenuta che lascia trasparire poco ma suppone il caos interiore e che ricorda attrici come la Bujold o Glenda Jackson.
Zizek ha (quasi) sempre ragione.

Scheda IMDB

Romance – Chuck Palahniuk

RomancePuntuale in questa stagione l’uscita in libreria di Palahniuk e altrettanto puntuale la domanda di cosa ne e’ stato dello scrittore che abbiamo conosciuto ai suoi esordi. Nessuna nostalgia dico davvero, non ho preferenze cioe’ si le ho ma non importa, e’ che sono anni ormai che il nostro svicola furbescamente tra libri a puntate, intermezzi, digressioni, capitoli unici e quant’altro.
Sfugge alla domanda anche questa volta con una raccolta, la sua prima raccolta in un ventennio di carriera esatto, intendendo qualcosa che non mette insieme pubblicazioni varie ma e’ pensato per un lavoro organico e chiuso.
Voglio dire, anche "Cavie" era una raccolta ma col libro attorno e "La scimmia pensa, la scimmia fa" metteva assieme articoli e roba varia. Insomma, un Palahniuk in parte inedito. La raccolta inizia malissimo, a occhio i racconti peggiori dell’intera serie. Si teme il peggio, poi esplode poderoso nel suo stile che al meglio stupisce e diverte, quella specie di giostra velocissima sulla quale non sai se ridere o vomitare e da li’ si riparte, trovando anche vere e proprie punte d’eccellenza.
Si diceva venti anni di Palahniuk e in fondo questo e’ un libro in cui si autocelebra citandosi nello stile, penso al metalinguaggio di "Pigmeo", nelle trame attraverso i molti richiami a "Fight Club", nella prosa, nello scherzare col cancro e coi morti, gli adolescenti inquieti, col ritorno mai del tutto perduto al pedissequo nozionismo solo in apparenza fine a se stesso ma unica arma contro la societa’ dello spettacolo. Il tutto e’ naturalmente condito dal riconoscibilissimo gore che offre il giusto metro di valutazione per chi volesse a tutti costi trarre chissa’ quale critica sociale che in realta’ e’ fortissima ma che supera la banale esasperazione dei tratti, puntando direttamente al fegato del problema. Stessa dinamica per il sesso, dove l’omosessualita’ dichiarata dell’autore gli consente di dare dei "froci" ai froci con molta meno ironia di quanto si creda ed era pure ora che qualcuno si prendesse la briga di farlo. La qualita’ e’ ovviamente altalenante, Palahniuk non cerca neppure la conclusione perfetta, anzi spesso gli interessa piu’ l’idea che il senso compiuto, quasi degli incipit per futuri sviluppi ed e’ possibile che molte storie mascano cosi’. Nel complesso mi e’ piaciuto, alcune volte davvero tanto, semmai ci sara’ da aspettare ancora per capire di che Palahniuk stiamo parlando.
Bravo anche Pannofino alla traduzione che ha ormai preso la misura col nostro.

Orlando Furioso 500 anni – Palazzo dei Diamanti, Ferrara 17-12-2016

Orlando Furioso 500 anniConfesso che in un primo tempo avevo deciso di non andare.
Un po’ per preferenze personali che non contemplano l’arte antecedente la seconda meta’ dell’800, poi perche’ l’idea di portare in mostra "cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi" mi sembrava un po’ troppo generica e facile. Mi sbagliavo ma per scoprirlo ho dato fiducia al Palazzo dei  Diamanti che in tanti anni ha sbagliato poco o nulla.
Grande cura, come sempre, nella sistemazione degli ambienti, delle luci ma soprattutto nell’idea che sostiene il progetto e poteva non essere facile creare un impianto nel quale da un lato celebrare i 500 anni del primo Orlando Furioso che fu stampato proprio a Ferrara nel 1516, dall’altro raccontare una storia che andasse a monte dell’opera stessa, scavando nella storia e finanche nella psicologia dell’Ariosto. Difficile per noi contemporanei bombardati come siamo da una quantita’ abnorme di immagini, informazioni, stimoli di ogni genere e grado, metterci nella condizione dell’ Ariosto e di chi viveva senza altre immagini che provenissero dal quotidiano.
Per lui cosa e come inventare le storie, da dove trarre le idee e l’ispirazione poteva essere complicato ed e’ questa la domanda alla quale si e’ cercata una risposta.
L’Orlando furioso e’ opera estremamente complessa, modernissima nella struttura che intrecciando fatti e personaggi come le piu’ recenti fiction, esplora anzi crea un mondo le cui origini risiedono nella storia e nell’iconografia del tempo. Guido Beltrami, uno dei curatori, nella sua audioguida non frammenta la narrazione ma la espone opera per opera attraverso il monologo, una lectio magistralis di grande impatto, ben comprensibile e facilmente assimilabile. Quindi troviamo oggetti, libri, icone e tutta il materiale disponibile all’Ariosto, poi il lavoro dell’Ariosto stesso, con riferimenti reali, le stampe e le pitture che egli stesso ispiro’, per finire con l’epilogo, quel "Don Chisciotte" primo esempio di romanzo moderno del quale L’Orlando Furioso e’ matrice.
Inutile dire che mi ha entusiasmato e ripeto, non seguo questo periodo storico e non me ne curo ma parliamo di una mostra d’importanza nazionale che ha un suo perche’ della tanta attenzione ricevuta e del grande successo al punto da essere prorogata sino al 29 Gennaio 2017. Mi fa piacere anche sottolineare come al Palazzo dei Diamanti abbiano trovato la fantastica soluzione del segnare cosa fotografare e cosa no, permettendo la divulgazione delle immagini e nel contempo proteggendo cio’ che i diritti non consentono di fotografare.
Bravi e ancora bravi, di certo la soluzione piu’ pratica e intelligente di quelle viste sino ad oggi.
Complimenti e una raccomandazione, da non perdere il giro al bookshop, sempre ben fornito di bei testi e ottime occasioni.

Pagina ufficiale
Audioguida

Zimoun / Versus – Galleria Civica Modena 10-12-2016

Zimoun 2016Non si puo’ dire che il ritorno del Node a Modena non sia stato provvidenziale, come dimostrato anche dall’esposizione di Zimoun nelle sale della Palazzina dei Giardini. L’inaugurazione rientro’ nell’ambito della manifestazione ma si potra’ visitare sino al 5 Marzo 2017.
L’artista svizzero e’ famoso per le sue installazioni minimaliste nelle quali attraverso semplici cartoni e piccoli motorini con attaccati cavi o palline, l’alea agisce nelle molteplici combinazioni della rotazione e nell’urto, il tutto moltiplicati a decine, centinaia di cartoni. L’effetto e’ interessante, una sorta di sordo clangore in un indistinto rombo di fondo di atavico sapore che ben si lega alle installazioni specie quando richiamano strutture megalitiche.
Versus 2016C’e’ una magia sottesa che contrasta lo stupore bambino che le installazioni suscitano e se a primo acchito vince il divertimento, lentamente la contemplazione prende il posto dell’entusiasmo. Zimoun non e’ un artista che cambiera’ la storia dell’arte ma diverte e stupisce ed e’ gia’ tanto.
Spostandosi alla vicina Galleria Civica, troviamo la mostra Versus, evento collegato questa volta al festival della filosofia con l’agonismo come tema portante.
Foto e disegni di 125 artisti tutti appartenenti alla Galleria stessa a confronto o in contrapposizione con qualcosa, sia essa un’idea, una tecnica, uno stile o altri artisti. Vi sono nomi importanti, inutile fare elenchi. Le opere inevitabilmente non possono che essere minori ciononostante mantengono un certo fascino, almeno alcune di queste. C’e’ la possibilita’ di vedere artisti nuovi, naturalmente come suggestione da approfondire e cio’ va bene. Ecco, che il "versus" sia un’espediente per creare un tenue collegamento tra le opere e’ pure un dato di fatto, percio’ accettiamo l’accostamento tra artisti molto diversi tra loro come un far prendere aria ai gioielli di famiglia, senza altre pretese e va gia’ bene cosi’.
Mostre entrambe gratuite, un giretto lo meritano senza problemi.

Pagina ufficiale Zimoun

Obiettivo sul fronte, Carlo Balelli fotografo nella Grande Guerra – Accademia Militare, Palazzo Ducale di Modena, 10-12-2016

Obiettivo sul fronteNon e’ la prima mostra che visito all’Accademia Militare di Modena eppure tutte le volte la grandiosita’ e l’imponenza di quegli ambienti, mi esalta e mi commuove allo stesso tempo. Per dire che gia’ entrare e attraversare il Palazzo Ducale e’ di per se’ un evento. In particolare la mostra inaugurata lì’8 Dicembre e che si protrarra’ sino al 31 Gennaio 2017, e’ dedicata alle fotografie di Carlo Balelli, militare appena ventenne incaricato dall’esercito di fotografare le Dolomiti e il fronte austriaco negli anni della Grande Guerra, foto tecniche e strategiche ma per ordine del Comando, pure di propaganda e documentazione. E’ qui che entra in gioco la bravura di Balelli nel trasformare la mera cronaca in arte, riuscendo a ritrarre la condizione di vita a dir poco drammatica dei soldati, restituendola col giusto carico di dignita’, coraggio e abnegazione. Foto di 100 anni fa esatti, fine 1916 e inizio 1917 e sembrano trascorsi millenni. E’ difficile evitare la facile retorica che deriva dal constatare in che miseria siamo precipitati, miseria umana, morale e fisica.
Quale coraggio, che forza serviva per sopravvivere in quelle condizioni e chi oggi potrebbe altrettanto. Forse e’ un bene non so. So che sono immagini che colpiscono proprio nel loro essere normali, nel non cercare la retorica e nemmeno la tragedia, proporre spaccati di vita quando la vita e’ la sola cosa che rimane. E’ la forza degli uomini e dei luoghi, anche degli abitanti che coi muscoli e la fede vivevamo in luoghi proibitivi, un sacrificio il loro che ha permesso a noi di giungere sino a dove? Meglio non domandarselo. Ad ogni modo la mostra e’ straordinaria, merito delle foto, dell’ambiente, della suggestione del palazzo. Consiglio anche di acquistare il catalogo, non solo perche’ il ricavato e’ devoluto in beneficenza ma perche’ e’ una testimonianza che non puo’, non deve andare perduta.

Pagina ufficiale

Love-Lies-Bleeding – Don DeLillo

Love-Lies-BleedingHo tenuto a lungo questo volumetto nel cassetto. Come ho scritto piu’ volte, non sono un appassionato di teatro a teatro ma da leggere si, tantissimo. E’ cosa strana lo so ma funziona cosi’. Viene facile comprendere che DeLillo su un testo teatrale e’ un’occasione ghiottissima. Ho aspettato quindi il momento propizio, il tempo giusto per godermelo come si deve. Piccolo formato si diceva, poche pagine nella quali l’autore mette a confronto quattro personaggi, il primo, l’anziano Alex dopo due ictus quando non gli resta molto da vivere, poi il figlio Sean e la seconda moglie Tonette che lo raggiungono per terminare con dolcezza la sua vita. Ad opporsi sara’ l’ultima moglie, la giovane trentenne che si prende cura di lui con una passione commovente.. Ovviamente cio’ da modo di ricordare la vita di Alex, uomo diviso tra arte e amore, egoista e anarchico, uno che ha costruito tanto quanto ha distrutto, persone comprese. Il figlio ovviamente ha sofferto dietro l’ombra scomoda del genitore e l’ex moglie divide ancora il ricordo tra rancore e passione mai assopita. Una sceneggiatura che parrebbe una novita’ per lo scrittore e invece lo riconosci subito nei dialoghi taglienti e fluidi, in apparenza freddissimi ma pregni invece di ardore, sentimenti che spaziano dal disprezzo alla passione piu’ sfrenata.
Alex diviene ben presto il pretesto degli altri tre per guardarsi dentro usando la sua vita, il suo passato sentito come ricordo in flashback, uno specchio, un elemento catartico sul quale scaricare le proprie debolezze e che solo la morte puo’ risolvere. Bello, verrebbe da darlo per scontato ma con DeLillo si corre il rischio talvolta di prendere strada troppo astratte, metafisiche elementi presenti anche qui ma solo come passaggio, non punto di arrivo.
In fondo si capisce pure che la morte non sara’ una soluzione ma una ripartenza e dal punto di vista filologico va pure bene. Pur vero e’ che in altre occasioni lo scrittore ha avuto piu’ spazio per esprimersi per quanto non in questa forma essenziale ridotta al puro dialogo ma pure cosi’ si conferma profondo indagatore di un disagio nel quale si e’ comprimari delle nostre stesse vite.
Costo elevato del libro rispetto le pagine ma si sa che Einaudi e’ cosi’ ma vale ampiamente la lettura

SibilaRonzaScoppia! / Incubi e sogni di provincia – Musei Civici di Modena, 10-12-2016

SibilaRonzaScoppiaIl vero problema dei musei civici, sono i professori che li riempiono di studenti sbattuti li’ senza un perche’, senza un contesto, spacciando una giornata di fancazzismo come momento di cultura. Credo che nulla allontani le persone dai musei come il ricordo delle ore perse tra opere che l’ignoranza imperante degli insegnanti non sapeva spiegare, contestualizzare, figuriamoci far piacere. Torno percio’ ai musei civici di Modena superando un latente senso di nausea per scoprire cosa?
Un bel luogo tirato a lucido che sa anche offrire mostre temporanee molto interessanti. La prima "SibilaRonzaScoppia!" come fa ben intuire e’ dedicata al movimento futurista, a Russolo in particolare, nel ricordo del 1913 quando il teatro modenese Storchi fu testimone della grande serata d’arte futurista, presenti Marinetti, Boccioni, Carra’, Balilla Pratella, Russolo e le macchine intonarumori da lui inventate. Nella sala della mostra, ottimamente curata e allestita, tra foto, poster e libri, testimonianze in video e registrazioni audio, troviamo infatti le riproduzioni di alcune intonarumori ricostruite tra gli anni 70 a oggi, molte di queste a disposizione dei visitatori che possono divertirsi a suonarle e a sbalordirsi di un’intuizione, quella di Russolo, che Incubi e sogni di provinciacon decenni di anticipo elevava il rumore a melodia.  Egli seppe spiegare gia’ a quel tempo cio’ che avremmo capito molto piu’ tardi cioe’ che la differenza tra i due e’ culturale non tecnica. Tutto davvero ottimo, ben oltre a quanto osassi sperare.
Adiacente a "SibilaRonzaScoppia!", "Incubi e sogni di provincia" la mostra dedicata alla realta’ artistica modenese e reggiana negli anni a cavallo tra i ’50 e i ’60 e nel contempo una piccola ma significativa retrospettiva su Giorgio Preti.
Di lui si parlava gia’ due anni fa, quando fu preannunciata la mostra attuale, un atto dovuto verso il giovane artista modenese scomparso causa incidente in quegli anni, appena ventunenne. E’ incredibile come seppur cosi’ giovane e ancora immaturo, con un percorso artistico ancora da definirsi appieno ben visibile nel vagabondare tra informale, arte nucleare, metafisica ma gia’ con una spiccata personalita’. Un’esplosione di tecnica e bravura chiarissima e cha fa rimpiangere cio’ che avrebbe potuto fare ed essere. Ad affiancarlo opere di altri artisti della provincia attivi in quegli anni e una serie di testimonianza d’epoca tra modernariato, riviste e altri oggettistica.
Davvero un grande talento e la mostra un’occasione spero non unica, per conoscerlo.

Pagina ufficiale SibilaRonzaScoppia!
Pagina ufficiale Incubi e sogni di provincia